Un ruolo molto importante nel progetto Queer Life l’ha rivestito sicuramente la Fotografia Terapeutica seguita dalla psicologa Elisa Lucchi.
Di seguito vengono riportati gli scatti con le risposte che ogni persona ha rilasciato.
La Fotografia Terapeutica non è “terapeutica” nel senso stretto del termine. Non vuole “curare” o “guarire”, piuttosto tramite la libera introspezione delle persone che ne hanno preso parte vuole essere un momento di riflessione sull’essere Queer. Fermarsi un attimo a pensare e ad esplicitare il proprio essere senza la mediazione delle imposizioni è per noi tutti che ne abbiamo preso parte il modo più sincero, aperto, non condizionato e schematizzato di presentarci a chi vorrà soffermarsi a leggere oltre le immagini scattate.
CHIARA BLK NADALINI (MUSICHIERA E CAMERIERA)
“E’ inutile che lo cerchi, tanto non c’è. Neanche tra le righe, il senso non c’è. Il Senso sei Tu. Tutto e niente, questo e l’altro, dare e ricevere, con e senza colori. (S)vestito solo di Te”.
– Come descriveresti il concetto di Queer?
Penso che “Queer” sia descrizione di uno stato d’animo, un modo di sentire se stessi, più che una “carta d’identità” imposta dall’esterno. Non esiste una sola e sintetica definizione dell’Essere Queer, una persona nel profondo del suo animo può sviluppare elementi diversi anche in forte contrapposizione tra loro, sia a livello caratteriale e della personalità – come dolcezza e forza insieme, femminilità e mascolinità – sia a livello estetico – molti per esempio vestono look abbastanza creativi.
– Puoi spiegare la tua foto? Come rappresenta il tuo concetto di Queer?
Ho scelto di portare in scena lo shibari perché è l’aspetto di me che rappresenta il mio essere Queer più degli altri, sia nel suo senso generale, sia nel mio modo di viverlo nel particolare.
In generale, lo shibari stesso è sostanzialmente Queer: l’espressione artistica del legare il corpo altrui può suscitare alla vista di uno spettatore sentimenti di immobilità, oppressione, a volte addirittura soffocamento. In realtà quello che suscitano le corde sulla persona legata è esattamente l’opposto: il corpo si rilassa, e, soprattutto durante una sospensione, si abbandona completamente entrando in una sorta di universo parallelo chiamato “rope space” che niente e nessuno riesce a violare. “Là” ci si sente in un primo momento intoccabili, poi non ci si preoccupa neanche più di questo, SI È, e basta. Nel mio particolare lo shibari riesce ad avere una ancor maggiore nota Queer: non è “a senso unico”, è un dare e ricevere, curiosamente mescolati tra loro. Non ha una regola, dipende dall’intreccio di energie che si creano, dal background della coppia che si crea, soprattutto dai limiti dei singoli. Soprattutto, legarsi il viso può essere letto come “legarsi” la mente, quindi, paradossalmente, liberarla, ma non riuscirei a subirlo tranne che da me stessa.
– Vuoi dire qualcosa alla comunità rispetto al tema?
Cercate di capire chi siete veramente, cosa volete dalla vita, dagli altri e da voi stessi, più che rimanere legati alle richieste e alle aspettative imposte dalla morale e dalla società. In questo modo si vive meglio e ci si vergogna di meno. Aprite la vostra mente! E seguite questo progetto, potrebbe essere un ottimo inizio!
DANAI VAFIADIS (STUDENTESSA)
“Per me non c’è nulla di più strano e coraggioso di una donna struccata”.
– Come descriveresti il concetto di Queer?
Queer è tutto quello che riguarda le persone legate al mondo LGBT. Poichè la sigla completa è LGBTQ, il concetto di Queer si estende a tutte le persone che non fanno parte della comunità LGBT ma che ci hanno a che fare indirettamente, per esempio amici e familiari che approvano, sostengono… Questa mi pare la concezione corrente del concetto di Queer. Per me personalmente, Queer è un modo di vivere, Queer sono tutte le persone bizzarre. È stranezza, particolarità; è quella libertà in più che ti prendi anche a rischio di dare fastidio perchè stai invadendo il campo della libertà altrui.
– Puoi spiegare la tua foto? Come rappresenta il tuo concetto di Queer?
Per me non c’è nulla di più strano e coraggioso di una donna struccata, specialmente se è, appunto, donna, e specialmente di questi tempi. La foto è la prova che mi sento più a mio agio a fare la cogliona, a ridere, a fare facce strane, a far sorridere, piuttosto che a sforzarmi di rispondere ai modelli imposti dalla società per suscitare ammirazione.
– Vuoi dire qualcosa alla comunità rispetto al tema?
Non mi sarei mai aspettata di piacermi di più in versione “onesta” che in versione “costruita”. In conclusione, come ci insegnano gli Audioslave, “Be yourself, is all that you can do”.
ANTONELLA FALBO (SISTEMISTA)
“Per me Queer significa essere persona a 360 gradi”.
– Come descriveresti il concetto di Queer?
Per me Queer significa essere persona a 360 gradi. Penso a come vivo io… non mi faccio problemi, per esempio, a parlare con tutti; non è una difficoltà, ma anzi qualcosa che mi arricchisce, confrontarmi con persone anche molto diverse da me e che fanno esperienze diverse dalle mie. É apertura anche nei gusti e negli interessi culturali. È curiosità, imparare qualcosa di nuovo ogni giorno.
– Puoi spiegare la tua foto? Come rappresenta il tuo concetto di Queer?
Facendo riferimento alla definizione precedente, io mi sento molto Queer, nel senso che sono curiosa. In questo sentirmi Queer ho voluto rappresentare semplicemente me stessa per come sono, cioè tranquilla, amante dello sport, rilassata. Penso che sia una foto che esprime bene il concetto di rilassatezza. Sono scalza perchè mi fa sentire a mio agio… anche in casa sto sempre scalza.
– Vuoi dire qualcosa alla comunità rispetto al tema?
Penso alla definizione che ho dato nella prima domanda… Mi piacerebbe che le persone si facessero meno problemi su come vivere, su chi devono frequentare o non devono frequentare, su quali libri leggere e quali non leggere… insomma che si lasciassero andare in tutta una serie di cose, perchè non si compie nessun peccato a uscire dagli schemi. Questo progetto mi ha aiutato a capire più a fondo questa cosa, e ora penso di averla assimilata; mi ha anche aiutato a dire qualche “vaffanculo” in più… Inoltre quest’uso della fotografia mi ha destabilizzato, nel senso che di solito sto dietro l’obiettivo: mi ritengo poco fotogenica, preferisco fare foto piuttosto che farmele fare… quindi è stato strano sentirmi a mio agio nel farmi fotografare e accettare senza sforzo le proposte della fotografa e del truccatore. É stato un mettermi in gioco.
SARA BALLESTRIERO (DISOCCUPATA CREATIVA)
“Per me Queer è la quotidianità: il coraggio di essere ciò che sono ogni giorno”.
– Come descriveresti il concetto di Queer?
Queer è ciò che sei o ciò che vuoi essere, è una visione della società utopica. E’ come dire, che tu sia etero, bisessuale, gay, lesbica, trans, vivitela bene! Non c’è bisogno che ti definisca, non c’è bisogno di etichettarsi o essere etichettati, vivi e sii felice ora! Adesso! Perché la vita è troppo breve per perdere tempo con gli schemi che ci impone la società.
– Puoi spiegare la tua foto? Come rappresenta il tuo concetto di Queer?
Nella foto sono io che indico te spettatore e ti invito a unirti nella semplicità di ciò che siamo con coraggio e armonia.
– Vuoi dire qualcosa alla comunità rispetto al tema?
Il mio primo pensiero di Queer è l’immagine di un circo, un raccoglitore di stranezze. Ma per me Queer è la quotidianità: il coraggio di essere ciò che sono ogni giorno, orgogliosa di ciò che sono, felice di essere circondata dalle persone che mi vogliono bene e mi accettano perché sono Sara, al di là della mia sessualità.
JANA DANIELA (MAMMA)
“Queer è libertà e il prezzo di questa libertà, che non tutti sono disposti a pagare”.
– Come descriveresti il concetto di Queer?
Mi verrebbe da dire: “guardami!”, ma se devo sintetizzarlo con due parole dico: libertà ed espressione di se stessi in ogni campo. Insomma libertà d’espressione. Non riuscirei a definirlo in nessun altro modo. Queer è libertà e il prezzo di questa libertà, che non tutti sono disposti a pagare.
– Puoi spiegare la tua foto? Come rappresenta il tuo concetto di Queer?
In questa foto sono pienamente io, con la timidezza delle persone eccentriche, col viso pulito e solo un filo di trucco. Svelo me stessa. Scoprire i piedi per me è come essere nudi, e io mi sono svestita in questa foto più che in tante altre. Indosso i vestiti con cui sono arrivata in studio fotografico perchè sono Queer tutti i giorni, nella mia quotidianità. Il colore dei miei vestiti rispecchia quello che ho sulla pelle e quello che è dentro di me, nel profondo. L’espressione è un sorriso non forzato, spontaneo, perchè in quel momento guardavo Paola negli occhi. Il viso non è perfetto ma è così com’è di solito. Poco trucco, più sostanza. In questa foto rappresento la libertà di essere me stessa, anche nella posizione del corpo: seduta, perchè io sono pigra.
Ho scoperto la libertà quando ho divorziato dal mio primo marito a ventitre anni. Da quel momento sono cominciate le mie trasformazioni, dallo stile paninaro a quello punk, in cui mi sono molto identificata. Poi mi sono guardata allo specchio e ho pensato che in me c’era un misto di tutte quelle cose, perchè non ho uno stile preciso, riesco a interpretare di tutto. E questa è libertà. Il prezzo della libertà è il giudizio, anche se mano a mano con l’età mi è pesato sempre meno. Adesso per me è motivo di vanto il fatto che mi dicano che sono strana, diversa. Questa libertà mi è costata carissima, anche fisicamente.
– Vuoi dire qualcosa alla comunità rispetto al tema?
Amatevi, amatevi di più. Viva la cellulite.
ANDREA ROPES (RIGGER)
“Penso che il Queer sia uno stato naturale, istintivo, dell’essere umano”.
Come descriveresti il concetto di Queer?
Puoi spiegare la tua foto? Come rappresenta il tuo concetto di Queer?
Le corde sono la parte privata più pubblica che si conosce di me. Il bondage è un buon novanta per cento di ciò che sono oggi. Un tempo ero molto più introverso e più insicuro, ora sono espansivo, più positivo e propositivo. Credo che il bondage, più che darmi, mi abbia tolto qualcosa… come la carta vetrata su un pezzo di ferro arrugginito. Forse semplicemente c’era qualcosa in me che non avevo ancora scoperto e non sapevo di avere. Nella foto sono a mio agio, mi vedo naturale, mi vedo “io”.
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